Al museo con i romanzi: musei da manuale e da antologia

Passeggiando nei boschi narrativi della letteratura, capita talvolta di entrare – e di visitare insieme con i protagonisti dei romanzi – musei, gallerie, collezioni di opere d’arte; di sostare per qualche riga davanti a dipinti celeberrimi o di percorrere velocemente numerose sale piene di dipinti e sculture.
Storie famose hanno come scenario un museo, luogo adatto a vicende di formazione, di passioni, di fantasmi, di intrighi. E del resto il museo ha finalità didattiche, è un deposito di memorie, è l’approdo di oggetti di grande valore, a volte contesi nella proprietà e discussi nell’autografia, spesso, per loro natura, passibili di innumerevoli e telescopiche decrittazioni. Henry James ambienta nel romano Palazzo Doria una scena non secondaria di Daisy Miller, mentre i Musei Capitolini e gli Uffizi hanno una parte cruciale in Ritratto di signora; Marguerite Yourcenar fa di un quadro attribuito a Rembrandt, e della Frick Collection di New York dove è conservato, un ulteriore protagonista del racconto Il colpo di grazia.
Il museo di Reims è il perno della storia omonima di Daniele Del Giudice, in cui un ex ufficiale di Marina sull’orlo della cecità percorre le sale del Musée des Beaux-Arts per fissare nella mente, e nelle parole che tentano di compensare la perdita della vista, un capolavoro della pittura francese.
Incontrare in una pagina romanzesca la presenza di un’opera d’arte figurativa, secondo un procedimento che tecnicamente si definisce ekfrasis (descrizione in greco) è spesso una sorpresa e produce diverse reazioni nei lettori, a seconda che conoscano e riconoscano l’opera oppure che la sentano nominare per la prima volta. In ogni caso, si produce in chi legge una vivida immagine mentale, con dettagli in primo piano e proiezioni empatiche. Generate dalle parole nell’atto della lettura, tali immagini sono un prodotto singolare dell’incontro fra lo scrittore e il lettore e innestano sull’originale di partenza un palinsesto di visualizzazioni, di fantasie e riflessioni.
Quando la pagina scritta fa riferimento, oltre che alla singola immagine di un’opera, al luogo dove essa è conservata, il lettore immagina anche lo spazio, l’edificio, il piano, il corridoio, la sala e richiama nella mente, o lo costruisce, un personale palazzo di memoria, vissuta e narrata.
Adalgisa Lugli, autrice di originali studi sul collezionismo e la museologia, nota la visita al Louvre di una coppia di sposi dopo la cerimonia, nel romanzo di Zola L’Assommoir, 1877. E non è la sola testimonianza narrativa della visita al museo come parte del viaggio di nozze fra Ottocento e Novecento: nella Coscienza di Zeno di Italo Svevo (1923), Zeno visita con alterno entusiasmo i musei fiorentini insieme alla neo-sposa.
Un episodio notevole è rappresentato – nel Fu Mattia Pascal di Pirandello – dalla visita del protagonista bambino agli Uffizi: lo scambio di attribuzione di un Perugino con un Raffaello riverbera il tema centrale della storia, quello dell’identità e del nome (nell’immagine il passo del romanzo e a questo linki un approfondimento).
E così avanti, in un’antologia di pagine in cui la finzione narrativa si appoggia e si alimenta al grande deposito di invenzioni figurative delle collezioni museali.

A.S.

A questo link, le prime interazioni social con gli hashtag #quadrineilibri e #almuseoconiromanzi (marzo 2019).