Musei da manuale: Giotto in pesi e misure. Il sito degli Uffizi e Google Arts&Culture

La storia dell’arte è anche fatta di numeri. I capolavori sono oggetti misurabili in centimetri, chili e litri, questi ultimi rilevanti soprattutto nell’arte contemporanea (si dice siano 24 000 i litri di formaldeide usati da Damien Hirst per il suo squalo).

Ma la storia dell’arte è anche fatta di proporzioni. Se nei manuali di Storia dell’arte sono sempre riportate le misure delle opere, più raro è trovare l’indicazione visuale delle proporzioni dell’oggetto artistico rispetto all’osservatore (segnalo I luoghi dell’arte, Electa Mondadori).


Nella gerarchia delle cose da dire su un’opera d’arte, siamo d’accordo che le dimensioni non sono al primo posto; eppure quando ci si trova in presenza del manufatto che, per ovvie ragioni di spazio e di costi, visto sul libro o sullo schermo è spesso grande quanto un francobollo, ci sorprendiamo talvolta delle dimensioni reali essendo la fisicità dell’oggetto una delle primissime informazioni che ci arrivano, insieme al rapporto con l’ambiente circostante.

Si resta meravigliati di quanto sia piccola la Gioconda al Louvre (è la sua fama che ce la fa immaginare più grande? o lo stile di Leonardo?), o di quanto sia lunga Guernica, quasi otto metri srotolati al Reina Sofia di Madrid. Personalmente, ho capito la pittura di Beato Angelico quando mi sono trovata in una mostra davanti alle sue miniature, dove aveva dipinto figure di pochi centimetri come fossero grandi affreschi sulle pareti di un convento.

Dell’esperienza fisica di incontrare le opere d’arte nei musei si è occupato il fotografo tedesco Thomas Struth, che nella serie Museum Photographs  ha messo in evidenza proprio l’incontro di due fisicità, quella dell’osservatore e quella dell’opera, nello spazio espositivo.

Per dire: quando gli studenti entrano nella sala degli Uffizi che ospita la Madonna di Ognissanti di Giotto si trovano di fronte a un’opera di 3 metri e mezzo per 2 e più, e non se l’aspettano. Se studio l’opera, sul sito degli Uffizi ho la possibilità di ingrandirla nei dettagli e leggere la scheda museale, e posso anche andare – almeno virtualmente – agli Uffizi tramite il sito Google Arts&Culture, dove la vedrò così com’è accanto alle Madonne di Cimabue e Duccio, tutte e tre in fila in una lezione comparativa di storia dell’arte.

Sono solo misure? Non proprio. Con queste informazioni è più facile capire perchè si chiamino ‘pale’ d’altare, immaginare il costo del supporto e quindi l’importanza del committente, l’articolato trasporto dalla bottega alla collocazione originaria (il resoconto della processione del trasporto della Maestà di Duccio nel Duomo di Siena nell’Antologia di Itinerario nell’arte, Zanichelli, rende l’idea dell’imponenza del momento).

Di conseguenza capirò meglio il passaggio, in un certo momento storico, dalla pittura su tavola alla pittura su tela, più economica e leggera, e l’adozione della tecnica ad olio al posto della tempera. Infine, sarò consapevole dei rischi che corre il supporto col passare del tempo e apprezzerò lo sforzo di conservatori e restauratori per preservarlo. Immaginiamo cosa deve essere stato salvare, per esempio, la grande Crocefissione di Cimabue dall’alluvione di Firenze del 1966. Averla ancora qui tra noi non è per niente un fatto scontato, anche per le sue dimensioni.

Un desiderata per concludere: non sarebbe divertente inserire tra le misure delle opere anche il peso? Ci direbbe subito l’imponenza delle tavole dipinte, la leggerezza di un Air de Paris di Duchamp, per tacere della merda d’artisa di Manzoni…

MSB