SteamDay: 7 domande a Paolo De Gasperis

Paolo De Gasperis, storico dell’arte e web designer, lavora a Explora-Museo della Scienza dei Bambini di Roma come responsabile Area digitale e web ed è attivo nella promozione della cultura del coding e della robotica.
Gli abbiamo rivolto alcune domande dopo lo Steam Day del 18 marzo 2019.
Uno>  Lo #Steamday al Museo Explora di Roma ha concluso i progetti realizzati all’interno di EuroSteam. Puoi dirci qualcosa in più a riguardo sulle attività realizzate?
Steam Day è stato l’evento di disseminazione di un progetto durato due anni che ha coinvolto cinque paesi europei (Belgio, Spagna, Portogallo, Regno Unito e Italia) nello sviluppo di una strategia comune per migliorare la qualità dell’educazione sulle discipline STEAM. Con Explora abbiamo coordinato lo sviluppo e l’erogazione di 12 moduli didattici organizzati in tre unità (camps), le attività hanno diversi approcci ma sempre con l’obiettivo di migliorare le competenze in matematica, scienze, tecnologia e comprensione del testo. Ogni modulo didattico dura circa un’ora per favorire l’inserimento all’interno della normale programmazione scolastica ed è stato testato con circa 700 alunni dagli 11 ai 14 anni, tutti i materiali didattici saranno presto disponibili sulla piattaforma del progetto per ora ospitata su questo dominio http://steamproject.co.uk/
Il sito ufficiale invece sarà http://www.eurosteamproject.eu/

Due > Tu hai una formazione umanistica e lavori da molti anni nel campo dell’informatica. Come ti sembra sia cambiato negli anni il dialogo fra queste due aree di competenza?
È un po’ difficile rispondere in maniera netta perché sia l’informatica sia le discipline umanistiche sono due identità che hanno diversi livelli di lettura. Istintivamente ti risponderei dicendo che il dialogo non è cambiato di molto, sono due aree complementari che si completano. La prima, l’informatica, permette la creazione di un bellissimo ed efficiente contenitore, le scienze umane si impegnano a riempirlo di contenuti validi, mi rendo conto però che si tratta di una terribile riduzione e semplificazione. L’informatica, presa nella sua definizione più generalista, è un’appendice di noi stessi, significa quindi che è molto più vicina agli esseri umani di quanto noi possiamo istintivamente immaginare. Prova a considerare il lavoro necessario nello sviluppo di un software di AI o banalmente ad una tecnologia di inserzioni pubblicitarie come Google Adwords, non sono soltanto le righe di codice a renderla efficace ma gli studi sulla percezione del colore, studi di semiotica (adwords pone le inserzioni in base al contesto in cui è inserito), la capacità di archiviazione e catalogazione sviluppata da archivisti e bibliotecari. In generale un algoritmo senza filosofia genera macchine stupide e le macchine stupide sono molto pericolose. Invito chi volesse intraprendere un percorso ancora più intricato tra informatica e arte ad avvicinarsi a tutto il movimento di sviluppatori che si dedica a quello che viene definito come “creative coding” (arte generativa, interaction design, intelligenze artificali), è davvero molto affascinante e scoprirete come la poesia possa nascere anche dietro le linee di codice.
Ricordo poi a chi dice che con le discipline umanistiche si è fuori dal mondo del lavoro che il CEO di Youtube è laureato in Storia e letteratura, che il fondatore di Alibaba è laureato in Letteratura inglese e che il fondatore di Airbnb è laureato in Arte e potrei continuare con un lungo e noioso elenco di importanti figure in ambito IT che hanno un solido background in discipline umanistiche. Credo che mai come in questo momento ci sia bisogno di un pensiero critico che possa analizzare e risolvere problemi oltre la lineare causalità.

Tre > Qual è l’approccio dei bambini alla scienza, secondo la tua esperienza nel museo Explora e con le scuole?
Credo che siano più vicini a Galileo e al metodo scientifico di quanto crediamo. La curiosità è il motore dell’esplorazione e i bambini in tutta autonomia si interessano ai fenomeni naturali, si costruiscono intuitivamente un’ipotesi, che poi esplorano sperimentando senza limiti e precondizioni, in un certo senso la validano. Questo tipo di coinvolgimento ha bisogno di un’educazione che non fornisca soltanto dei risultati da ricordare ma che incoraggi alla costruzione di metodi e procedure scientifiche, che aiuti nella ricerca delle analogie, nella costruzione di modelli e aiuti nel confronto con le opinioni altrui. Explora ha tracciato nel nome il suo destino, è un museo ma al tempo stesso un laboratorio dove quotidianamente esploriamo e sperimentiamo metodi che incoraggino i bambini a scoprire le proprie potenzialità e ad osservare i fenomeni che li circondano attivamente.
Quattro > Che cosa si potrebbe migliorare secondo te nel campo dell’istruzione?
Il sistema scuola dovrebbe essere in grado di fornire quello che nello sviluppo di un software viene definito come “sandbox”. Un ambiente, controllato, sicuro, dove fare test e investigazioni in grado di portare a prototipi da sviluppare o a fallimenti da archiviare. Questo per dire che dovrebbe favorire l’autoapprendimento e insegnare a sbagliare, l’errore è un elemento fondamentale per l’apprendimento e la scuola dovrebbe permettere di sbagliare in sicurezza.
Cinque > Parliamo di videogiochi, e in particolare di serious o applied games, quelli più presenti nel campo della didattica. Quali sono i tuoi preferiti?
Non saprei indicarti con precisione un titolo, ci sono alcuni esperimenti però che trovo molto interessanti. Il primo che trovo incredibile è Classcraft, questa startup (USA/Canada) ha portato il gioco di ruolo in classe prendendo spunto da RPG di successo come World of Warcraft. Altro prodotto che punta alla gamification è Kahoot, una piattaforma per realizzare quiz interattivi molto divertente. Slice Fractions invece è un puzzle game matematico molto efficace che esiste già da qualche anno e che con la seconda versione ha vinto il primo premio alla Serious play conference 2018. Qui trovate la lista degli altri vincitori https://seriousplayconf.com/2018-award-winners/
Sei > Che direzione ti sembra stiano prendendo, come giocheremo nei prossimi anni?
Ho la netta sensazione che i il game design avrà un ruolo sempre più importante rispetto alla piattaforma e alla potenza di calcolo, anzi credo proprio che pian piano vedremo scomparire le console per come le conosciamo per approdare a servizi simili a STEAM che distribuiranno videogame come accade con musica e film.
In questo scenario credo che i creatori di contenuti avranno davvero un ruolo fondamentale e lo storytelling nel gioco avrà un ruolo cruciale, mi trovo quindi di nuovo ad enfatizzare il ruolo che una formazione completa e non specialistica avrà nel mondo del lavoro nei prossimi anni.
Sette > Se potessi realizzarne uno, come sarebbe?
Vorrei realizzare un videogioco che abbia un impatto positivo nella vita reale… non ho un’idea ben chiara ma vorrei tanto pronunciare la frase “Ora non posso, sto giocando” senza che il mio interlocutore pensi che sia un perditempo.
(Intervista a cura di Maria Stella Bottai, marzo 2019)