A Palazzo Merulana le opere si raccontano in realtà aumentata e con la lingua dei segni

Raccontare un’opera d’arte in realtà aumentata e raccontarla in lingua LIS. Lo hanno fatto Gaia Riposati e Massimo Di Leo, gli artisti di Nuvola Project, a Palazzo Merulana a Roma in occasione della mostra su Antonio Donghi, recentemente inaugurata, a cura di Fabio Benzi.

Da molti anni le ricerche del duo artistico riflettono sul dialogo possibile tra arte e avanzate tecnologie, inglobando il teatro, le potenzialità del digitale, dell’intelligenza artificiale, dei social network, nella narrazione di opere d’arte: dall’animazione di ritratti dipinti all’interrogazione del web sui temi del cambiamento climatico (Nuvola Project, ve ne avevamo parlato qui).

In questa occasione presentano il loro ultimo progetto, ar+e, una scintilla da cui far partire una relazione con le opere, come scrivono nel loro sito.

Dalla collezione di Elena e Claudio Cerasi esposta a Palazzo Merulana, una serie di dipinti si raccontano e si animano quando inquadrati con l’app di realtà aumentata, svelando la loro storia, le vicissitudini, il clima storico, culturale del tempo.

le opere prendono vita e performano in un’installazione artistica digitale di NuvolaProject in interazione fra intelligenza naturale e intelligenza artificiale, una vera e propria drammaturgia a cui gli autori hanno lavorato con la consulenza scientifica degli storici dell’arte del museo.

La presenza di attrici segnanti che recitano la sceneggiatura, scritta dagli artisti, mette l’accento sulla drammaturgia – ricordiamo che sia Gaia Riposati che Massimo Di Leo vengono da esperienze nel mondo del teatro. Scrivere testi per animare opere d’arte, rispettosi della filologia, da fruire in un’installazione di realtà aumentata, pensando alle esigenze della traduzione in lingua LIS, obbliga a far confluire vari linguaggi, a lavorare sulla struttura narrativa, la logica di costruzione della frase, la scelta delle parole. Come sottolineano loro stessi, la collaborazione con l’Ente Nazionale Sordi è stata particolarmente importante.

All’inaugurazione hanno mostrato al pubblico le applicazioni di ar+e. Prendiamo per esempio Lo studio di Felice Casorati, tela distrutta da un incendio a Monaco di Baviera e ridipinta dal pittore qualche tempo dopo (la sua storia è raccontata qui). Inquadrando l’opera, ascoltiamo un brano che racconta l’iconografia e fa vivere la scena rappresentata, poi vedremo a un certo punto le fiamme divorarla, e poi ricomporsi. Veniamo invitati a girarci di 180° e inquadrare il dipinto di fronte, la modella, che ci appare nello studio del pittore, con dettagli come il gatto dietro il cavalletto, se ci spostiamo un po’. Due opere, che nel museo sono esposte una di fronte l’altra, prendono vita e si parlano, e sempre in dialogo le ricorderemo.

E così con il singolare ritratto di Primo Carnera di Giacomo Balla, con la sua trama a retino tipografico, l’Autoritratto con violino di Antonietta Raphaël, Le lavandaie e La gita in barca di Donghi, inserite nella mostra temporanea in corso.

 

 

 

 

 

 

 

All’ultima edizione del Video Game Lab di Roma, il filosofo Andrea Colamedici rifletteva sulla necessità – impostaci dall’abbondanza di dati, dalla vasta digitalizzazione del mondo in atto – di imparare a vivere su più piani, e rileggere il passato secondo il nostro tempo, utilizzando come antidoto al disorientamento il senso di meraviglia. Ecco, Nuvola Project è secondo noi pienamente in questa direzione.