Giochi da libreria, di Valentina Francese

Con la diffusione dei dispositivi elettronici, dei libri digitali, con il crescere dell’e-commerce, in un’epoca di libera informazione sul web, il consiglio del libraio conta ormai molto meno del suggerimento del blogger più simpatico e più estroso. Per riavvicinare il pubblico ai libri, le librerie si fanno promotrici di eventi e iniziative fantasiose ed eterogenee per sopperire alla mancanza di lettori. La libreria resiste perché è un ambiente, un luogo di ritrovo e di incontro: ci sono amici con cui si gioca a calcio, quelli con cui fare shopping, e ci sono anche gli amici con cui parlare di libri. Un differente approccio alla lettura, ludico ed emozionante potrebbe essere utile anche per il pubblico adulto.
Irresistibile ed esteticamente affascinante, un esempio di come le librerie possano sfruttare i social e dare vita a iniziative virali è BookasFace, sottotitolo: da Zuckerberg a Gutenberg, perché “Nel momento in cui alzi un libro all’altezza degli occhi per leggerlo, chi ti sta davanti non vede più la tua faccia. Vede il corpo del libro”. Facebook, Book Face, Facce da libro, nato in Francia nel 2008, è letteralmente “esploso” precisamente sulla pagina Instagram della Libraire Mollat di Bordeaux, che in un anno ha visto aumentare i suoi follower da 17.000 a 50.000. Un gioco che è diventato un progetto fotografico e artistico a tutti gli effetti, un modo accattivante per attrarre nuovi clienti, per farsi conoscere e per rendere omaggio al buon vecchio libro cartaceo. Complice forse anche la bellezza estetica dei risultati, Book face è un gioco irresistibile. L’illusione ottica fa sì che noi diventiamo parte della copertina, anzi, la copertina del libro prosegue nel nostro corpo, nei nostri abiti, nella nostra vita.

 

 

 

 

 

 

Il gioco a tema letterario ha una lunga tradizione, e oggi persino grande diffusione mediatica, basti pensare alla trasmissione televisiva Per un pugno di libri, in onda da più di vent’anni, in cui le due squadre composte da studenti si sfidano a colpi di quiz letterari in un torneo che ha una sola classe vincitrice. I premi consistono in carrelli della spesa colmi di libri! (qui il link alla pagina Fb)
L’intero format è riproponibile in libreria, come ha fatto la Giannino Stoppani di Bologna, specializzata in editoria per ragazzi, che ha organizzato un torneo di Per un pugno di libri dedicato a Roald Dahl. Tra i giochi sui libri c’è anche #Titolibriamo, nato sui social ma ben presto esportato in libreria. Splendide proposte si trovano su www.Milkbook.it, piattaforma dedicata ai libri per bambini. Bisogna comporre una frase di senso compiuto usando i titoli di albi illustrati. Per esempio: Grat grat cirp splash! Chi me l’ha fatta in testa? Noi. Banda di maiali!
Le possibilità di organizzare in libreria giochi, tornei o gare sono le più svariate. Si pensi alla classica caccia al tesoro o a un gioco di (scambio) di ruolo: Libraio per un giorno, ispirato al sogno di molti lettori di avere una libreria tutta per sé dove consigliare ad altri i titoli più amati. Serve a condividere l’esperienza della lettura con altri appassionati. Lo stesso accade nei reading collettivi in cui si cerca di “far parlare” i lettori al posto dei librai. I lettori parlano, anzi, scrivono, anche sui post-it: al Salone di Torino del 2015, la testata web www.gliamantideilibri.it/ raccoglieva allo stand post-it con i titoli più amati dai lettori. Book-it! Vota il libro che ti ha cambiato la vita lo slogan di questa gara tra libri. La tecnica del post-it per coinvolgere i lettori è stata sperimentata spesso e con successo. L’esempio più classico è quello delle recensioni scritte sui notes colorati e poi attaccati sulle copertine. Può essere il libraio a scrivere le sue idee, ma è molto più utile chiedere ai lettori.
Nel 2015 #ioleggoperché inviò nelle librerie e nelle scuole tutto il necessario per attrezzare delle vere e proprie pareti piene di citazioni letterarie, scelte liberamente dal pubblico e riportate su post-it colorati: qui una galleria di risposte.
Nel romanzo Alta fedeltà del 1995 scritto da Nick Hornby, il protagonista Rob stila continuamente liste di Top10. Il suo desiderio è definire la classifica delle cinque migliori canzoni in assoluto, dei cinque migliori film e degli altrettanti migliori libri. In cosa si trasforma nella nostra era digitale e social questa “vertigine della lista”, come direbbe Umberto Eco?
Su Facebook si diffondono periodicamente le Catene di Sant’Antonio, anche quelle culturali: la lista dei 10 film, delle 10 canzoni, i 10 posti da visitare almeno una volta nella vita, e anche i 10 libri preferiti. Una catena non è altro che una lista di libri consigliati. Così a New York nel 2015 ha aperto la libreria One Grand. “One Grand is a curated bookstore in which celebrated artists and creatives share their literary inspirations”. È un hub, una factory dedicata agli articoli più vari legati ai libri. Gli scaffali non sono suddivisi per argomenti: ci sono 1000 libri scelti da 100 celebrità (come l’attrice Tilda Swinton o il giornalista Ta-Nahesi Coates) che hanno proposto le loro personali Top 10: https://www.facebook.com/OneGrandBooks
Oltre a leggere le Top 10 degli altri, i lettori sembrano sentire la necessità di comunicare la propria passione. Da qualche anno esistono le challenge, gare tra lettori che hanno preso piede sui social e che hanno coinvolto positivamente anche le librerie. Una delle piattaforme più attive è www.goodreads.com che raccoglie grandi community di lettori, offre spazi suddivisi in sezioni e gruppi di lettura dove scambiare opinioni e leggere recensioni e commenti. E c’è anche lo spazio per le sfide, che si articolano in compiti, libri da leggere nell’arco di un anno che rispondano a determinati criteri, spesso molto buffi. Il format del book challenge è stato sperimentato anche nelle librerie indipendenti italiane con #IBC, Italian Book Challenge. https://www.facebook.com/italianbookchallenge/
Il libro non si sceglie più solo in base a una recensione letta sul giornale, al consiglio del libraio, al passaparola: il libro si sceglie al buio, l’importante è che risponda a determinati requisiti richiesti dagli amministratori della sfida.
Nel 2015 Sperling & Kupfer ha consegnato nelle librerie italiane sei libri confezionati in carta da pane, con tre soli aggettivi a definirli.

Appuntamento al buio (con un libro)

L’esperimento è stato ideato da una catena di librerie australiana, la Elizabeth’s Bookshop, in cui un intero scaffale è occupato da libri impacchettati in un’anonima carta marrone, con poche parole scritte per guidare l’avventore. Il progetto si chiama Blind date with a book, appuntamento al buio con un libro. L’Italia ha seguito l’esempio, e così, dopo la casa editrice Sperling, sono state le librerie a proporre i loro “Libri al buio”.
Questi giochi non fanno che enfatizzare il mistero celato dietro a ogni libro chiuso. Non bisognerebbe mai scegliere un libro dalla copertina. E in fondo, finché un libro non lo si è concluso, il mistero rimane, il colpo di scena è sempre in agguato. Come quando si scartano i cioccolatini con le frasi d’amore o si rompono i biscotti della fortuna cinesi: il lettore ama il mistero legato alle parole che ancora non conosce e che il destino gli riserva. Ecco perché nelle librerie sono entrati anche i Dispenser. Dagli Stati Uniti arriva l’idea dei distributori automatici di poesie in piccole sfere di plastica colorata, come le macchinette che distribuivano le palline di plastica con dentro i giochi o i chewing gum e il dispenser di storie brevi per ingannare l’attesa in stazioni, aeroporti e ospedali. I libri escono dagli scaffali, passano di mano in mano con il book crossing, sono scambiati e presi in prestito nei parchi e nelle aree verdi nelle Little Free Library. E se l’oggetto libro sembra prendere strade tutte sue e tutte nuove, il gioco è oggi fondamentale per rinforzare il legame tra lettori e librerie.

Valentina Francese @ValentinaF00