Macchiaioli (e ‘800 italiano). Immagine densa

Domenico Morelli, Gli Iconoclasti, 1855, Napoli, Museo di Capodimonte
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Morelli, Gli iconoclasti, 1855: esplora l’immagine per entrare nei dettagli
Monaco pittore Immagine strappata Ciotola rotta

Monaco pittore

La figura rappresenta il monaco Lazzaro, condannato dall'imperatore Teofilo al taglio della mano dopo essere stato scoperto a dipingere immagini sacre (icone) nei sotterranei della chiesa di San Giovanni a Costantinopoli. La raffigurazione delle immagini sacre era stata vietata nell'VIII secolo dall'imperatore Leone III Isaurico.
Il dettaglio drammatico della mano trattenuta dallo sbirro a sinistra e l'aria seria e profonda di Lazzaro "coperto da un saio che lo rende simile a un cospiratore carbonaro" resero questa figura un simbolo degli ideali risorgimentali.
Nell'immagine di confronto è riprodotto un altro dipinto di Domenico Morelli, Martiri cristiani portati dagli angeli, una delle prime opere dell'artista napoletano in cui si esprime il suo intento di "rappresentare figure e cose, non viste, ma immaginate e vere a un tempo".

 

 

 

Immagine strappata

Nell'intento di rappresentare la storia con alto grado di realtà e verosimiglianza, Morelli insiste nei dettagli dell'azione rievocata: l'immagine sacra (icona) strappata e il quadro trafitto per terra e anche il cattivo stato di conservazione dell'ambiente in cui al scena si svolge.
Come è stato notato, il dipinto riusciva a riunire in sé i valori del Risorgimento italiano, collegando la conquista delle libertà civili e la difesa delle opere d’arte.
"Il valore degli Iconoclasti non va ridotto a quello di una semplice scena drammatica nella quale sono protagonisti i carnefici e le vittime, ma deve essere ricondotto al contesto del luogo rappresentato, quel Medioevo sacro che esige rispetto per la sua conservazione, configurandosi come il modello ideale di uno stile del passato nel quale confida l'Europa cristiana per il suo Risorgimento" (Martorelli).

Ciotola rotta

Il grande dipinto è anche l'occasione di uno scambio di vedute fra Morelli e l'amico Filippo Palizzi che ritoccò il dettaglio della ciotola frantumata a terra "con il consenso dell'autore", come scrive  lo storico dell'arte Corrado Maltese nella sua "Storia dell'arte in Italia 1785-1945" (Einaudi, p. 178), nel capitolo dedicato al "Verismo meridionale" e l'anno 1855.