A che punto siamo con “Musei e media digitali”: il libro di Nicolette Mandarano

Nicolette Mandarano lo scrive subito nell’Introduzione: “non si tratta di preferire il digitale all’analogico, quanto piuttosto di sviluppare un sistema integrato di comunicazione che favorisca l’accesso al bene a un più ampio pubblico”.  La fondamentale e irrinunciabile trasformazione digitale dei musei in Italia e nel mondo non è una scelta di campo assoluta in favore delle tecnologie digitali, ma un processo di trasformazione giudiziosa, che cerchi di innestare il nuovo nell’acquisito, in modo che – e qui siamo alle conclusioni del libro –  il museo dialoghi con i tutti i suoi visitatori “siano essi reali, virtuali o potenziali”.

Il libro di Nicolette Mandarano Musei e media digitali, uscito nel giugno del 2019 nella collana Bussole della casa editrice Carocci, consente a chi legge di avere un quadro allo stesso tempo ampio, circostanziato e critico della questione, nei suoi aspetti normativi e tecnologici, politici e sociali e nel loro intreccio con la dimensione storico-artistica e museografica.
Non era facile condensare una materia tanto centrifuga e affollata, e Mandarano adotta la strada della scelta, selezionando esperienze, contesti, buone pratiche e prospettive, presentate in 126 pagine piene di informazioni e di riflessioni puntuali.

Storica dell’arte specializzata nell’iconologia (è la coordinatrice del progetto Iconos),  Nicolette Mandarano  ha curato con Maria Stella Bottai e Silvia Cecchini Artestorie. Le professioni della storia dell’arte (Cisalpino, 2016) e due anni prima, nel 2014, per Guaraldi, aveva pubblicato il profetico studio Il marketing culturale nell’era del web 2.0. Come la comunità virtuale valuta i musei, un’analisi dei commenti dei visitatori museali che restano depositati in piattaforme come Trip Advisor.
I suoi impegni attuali di coordinatrice del master Digital Heritage. Cultural Communication through Digital Technologies della Sapienza di Roma e di digital media curator delle Gallerie nazionali Barberini Corsini, la mettono in un punto di osservazione concreto, nel crocevia dove i pubblici, i musei, le competenze (e le nuove generazioni che si stanno formando) si incontrano.

Il volume si apre con una citazione dal Decreto Ministeriale n. 113 del 2018 dell’allora Mibact, che sancisce l’attivazione del Sistema museale nazionale e l’adozione dei livelli minimi di qualità per i musei: in questo testo, la comunicazione e i rapporti con il territorio sono collegati significativamente con l’utilizzo delle tecnologie, inclusi i social network e le app. Tre mesi dopo questo decreto, la Commissione europea si esprime sui temi della tutela e della valorizzazione del patrimonio culturale, in rapporto alle strategie digitali. Da queste premesse ha inizio il percorso di Musei e media digitali, con uno sguardo storico agli antefatti e al contesto, attraverso una cronologia che dal 1994 (anno della ricostruzione virtuale della tomba di Nefertari) arriva al 2018, quando il Museo Marino Marini lancia il concorso Playable Museum, passando per i Cd’Art di Repubblica-Giunti Multimedia, la digitalizzazione dei capolavori della Galleria Borghese, il lancio di Google Arts & Culture e altre tappe salienti dell’incontro fra musei, patrimonio culturale, dispositivi di riproduzione e di interazione, e le reti.

A questo punto, il libro entra nello stato dell’arte attuale, con due capitoli centrali:  l’analisi ragionata di quali tecnologie si trovano all’interno dei musei, dunque On site e quella di come i musei stanno affrontando la galassia del web, dei social network, delle interazioni da remoto, e siamo nel capitolo Online. Con il suo stile sintetico e orientato alla comunicazione, Mandarano non dà per scontato nulla e dunque chi legge è accompagnato nella selva di acronimi, anglicismi e specifiche tecniche di sistemi e app, sempre tenendo in vista la sostanza, la consistenza, l’utilità, l’efficacia, il riscontro documentato di ciascun dispositivo (o sito, o strategia) nell’ambito della visita museale e della conoscenza del patrimonio.

Nel volume vengono riportati casi esemplari di buone pratiche con i media digitali, scelti tra i siti museali e gli account social di tutto il mondo. Si spazia dalla creatività comunicativa della Fondazione Sandretto Re Rebaudengo di Torino alla ricchezza di contenuti del canale Youtube del Museo del Prado di Madrid; dall’evento #AskACurator, che dal 2010 su Twitter permette di porre domande direttamente ai curatori museali al progetto #52museums di Mar Dixon (un museo/istituzione a settimana gestisce l’account condiviso su Instagram e Twitter); dal ricchissimo catalogo online del Met di New York, fruibile da tutti e attraverso più livelli di lettura, al ripensamento degli apparati di comunicazione delle Gallerie nazionali Barberini Corsini di Roma.

Tra le esperienze raccontate, anche in presa diretta, dall’autrice, significativo è il caso della gestione delle crisi, allorquando i commenti degli utenti a un post possono generare criticità nella comunicazione istituzionale o quando ci si imbatte nei cosiddetti trolls. Consigli e accorgimenti sono condivisi dall’autrice sempre nell’ottica di mantenere aperto e attivo il dialogo con il pubblico. Perché, anche se sembra banale ricordarlo, se stai sui social un po’ devi socializzare; e perchè investire nei media digitali rientra nella questione più ampia per cui

investire sulla trasformazione tecnologica e digitale di un’istituzione museale vuol dire entrare nel flusso di cambiamento più generale dell’intera società, e sarebbe anacronistico, oltre che controproducente, non affrontare questa sfida.

Nicolette Mandarano, Musei e media digitali, Carocci (collana Bussole), 2019

AS e MSB