Il gioco serio dell’accostamento delle immagini

Una rubrica lanciata su Twitter da @barberinicorsin – il vivace account che anima le collezioni delle Gallerie Nazionali d’Arte Antica di Palazzo Barberini e della Galleria Corsini di Roma – invita a riconoscere quali dipinti sono coinvolti in una immagine composta da frammenti di più tele conservate nelle collezioni. Il titolo della rubrica Pasticci al museo fa riferimento alla pratica del pastiche, in cui pezzi di opere diverse (o richiami stilistici ad artisti distinti) vengono giustapposti, accostati, interpolati in vario modo.
Nell’epoca della riproduzione e della postproduction, del fotoritocco pervasivo e della visione a palinsesto, orientarsi nel pasticcio (e nel posticcio), così come nel collage, è una capacità da coltivare e allenare.

L’immagine postata dall’account di Barberini Corsini il primo giorno del 2019, annunciando la rubrica e invitando lettori e lettrici all’interazione, è questa a fianco >>>>
Chi si è impegnato nel gioco, ha riconosciuto in primo piano la Salomè di Guido Reni, “aumentata”, sullo sfondo, dalla figura di un San Giorgio, tratto a sua volta da una tela di Lorenzo Lotto, Il matrimonio mistico di Santa Caterina

 

 

 

 

La molla del gioco è la curiosità, che fa scattare in chi partecipa strategie di ricerca nella propria memoria, nei cataloghi, in banche dati iconografiche come Bridgeman. E naturalmente nelle sale del museo o almeno nel suo sito web. Risolvere l’enigma ha qui in primo luogo il senso proprio di sciogliere l’unione di due elementi in origine separati; per poi riflettere sui motivi dell’accostamento, sull’affinità stilistica, sulla casualità o meno dell’incontro fra le parti.
Vediamo quali possono essere i campi di pertinenza e gli usi di un gioco del genere. Uno è quello finalizzato al riconoscimento delle opere d’arte, prerogativa di conoscitori e periti nella pratica della connoisseurship.  Da questo punto di vista, dietro le spalle del pastiche proposto, c’è un precedente assai autorevole, che risale al gennaio del 1950. Si tratta dell’Indovinello “a premio”, pubblicato nel primo numero della rivista di Roberto Longhi,  “Paragone”.
Un fotomontaggio realizzato dallo storico dell’arte Giuliano Briganti “con spreco di colla e grave strazio di fotografie” stimolava i lettori a riconoscere le tante componenti dell’immagine: una testa di Santa Caterina

di Matteo di Giovanni” “calettata sul busto della Flora di Carlo Cignani a Modena”, una balaustra di Tiepolo (Palazzo Labia),  da cui ricade il sudario della Deposizione di Tiziano al Prado, una Santa Orsola del Carpaccio e un San Giovanni Battista di Cima da Conegliano e ancora Bronzino, Lotto, Lorrain..

 

 

 

 

 

 

Un raffinato esercizio per conoscitori, dove i dettagli tratti dai dipinti originali erano talvolta anche ruotati, rendendo più ardua l’identificazione delle fonti che – a loro volta – spaziavano senza vincoli di luogo o tempo. Rispetto a quel montaggio enciclopedico, il gioco proposto da Barberini Corsini presenta una contrainte spaziale: l’appartenenza dei due dipinti alle collezioni restringe la ricerca e la indirizza verso il museo, incoraggiandone una conoscenza più approfondita.
Un’altra modalità di uso del collage di frammenti accostati è finalizzata a rivelare ricorrenze formali, somiglianze e riprese fra opere diverse: un esempio si trova negli Esercizi di stile della collana Cd’Art (Giunti Multimedia-La Repubblica, 1996). Nella tipologia di gioco intitolata L’Intruso, bisognava individuare

l’elemento estraneo nella composizione: nel caso riprodotto sopra, una lavandaia di Segantini è allineata a due figure chine sui campi di Van Gogh; riconoscibile per lo stile diverso, ma anche dissimulato nella composizione, il dettaglio aggiunto rivela la diffusione del tema del lavoro e dell’iconografia della fatica nell’arte della fine dell’Ottocento. E lo fa attraverso l’intervento del giocatore, che deve cliccare sulla figura perché venga eliminata dal montaggio e si ripristini il dipinto originale.
L’idea di fondo di questo tipo di collage – che ho proseguito a progettare durante  i miei corsi di Storia dell’arte contemporanea alla Sapienza, nei primi anni Duemila – era quella di condensare un tema storico-artistico in una immagine composta, lasciando alla reazione del giocatore di individuarne le componenti: un’illustrazione scientifica inserita in una composizione astratta di Kandinskij, un ideogramma giapponese acquattato fra i riflessi dell’acqua di un quadro di Monet ecc. consentivano di introdurre i temi relativi tramite un pastiche plausibile dal punto di vista storico.
La presenza di un elemento esterno – più o meno amalgamato all’immagine –  produce uno scarto percettivo che può dunque essere indirizzato a diversi fini di didattica coinvolgente e di autosfida cognitiva e culturale.
La potenza dinamica e creativa degli inserti di immagini è del resto alla base della straordinaria ricerca dell’artista Jiří Kolář (Protivín 1914 – Praga  2002). Poeta, traduttore, scrittore e manipolatore di immagini, l’artista ceco ha allestito composizioni dall’effetto straniante, fatte di

strisce alternate di riproduzioni di dipinti diversi (o di uno stesso dipinto). Strisce verticali, orizzontali, oblique, quadrati regolari sono montati ritmicamente in nuove unità figurative, che rispondono a precisi calcoli permutativi degli elementi componenti. Si tratta di una tecnica detta rollage, termine che richiama l’atto di arrotolare e la tapparella (in ceco rollate), evocata dalle strisce che allo stesso tempo mostrano e nascondono la doppia scena. “La varie combinazioni del rollage permettono all’autore non solo di scomporre il soggetto, ma anche di suscitare l’illusione di un dinamismo, di un movimento ottenuto attraverso l’intervento di ritaglio e incollamento degli elementi in serie nuove” – si legge nel sito archiviojirikolar.it – dove sono presentate le molteplici varianti tecniche di questa invenzione e sono discusse alcune opere: “Il Bacino di San Giorgio Maggiore del Canaletto si incastra a inferriata con La nascita di Venere di Botticelli dando origine a Venus à Venise”.
Per finire, una piccola nota su una rubrica che compare ogni tanto su aenigmatica.it (il sito web della “Settimana Enigmistica”) e che propone ai lettori di districare da un’affollata immagine composita le quattro opere componenti, scegliendo da un lungo elenco di possibili autori.

I dettagli non sono presentati tutti distinti e separati, ma mescolati – come dice il titolo della rubrica stessa – “alla rinfusa”. In questo caso si tratta di scavare nelle proprie conoscenze pregresse e di affidarsi all’intuito per le vaste zone non figurative, mentre l’occhio vaga in un paesaggio fantastico di ibridazioni e convivenze surreali, senza vincoli di storia o di stile.

A.S.